Prevaricazione maschile durante l'inquisizione

Il buio strisciava viscido lungo le pareti della angusta cella e, come una bestia famelica, inghiottiva ogni alito vitale. Impregnava l’aria appesantendola e si
depositava sul corpo emaciato della giovane donna prostrata su un misero pagliericcio. Immobile, con gli occhi socchiusi e senza più lacrime, aspettava solo la
morte sperando che il suo Dio, se mai ce ne era uno in quell’inferno in terra, mettesse fine alla sua vita.
La sua carne martoriata dalle torture non aveva più forza, giaceva inerme come un ammasso informe e la sua anima aveva perso ogni guizzo di energia, era stata
spezzata dalla crudeltà feroce di uomini che affermavano di agire in nome del suo stesso Dio.
Il dolore angosciante, fisico e spirituale, l’aveva fatta precipitare in una voragine infernale in cui l’Uomo aveva perso ogni dignità e ogni forma di umanità, travolto da
una bestialità ferina.

La storica Maria Sofia Messana, analizzando le Relationes des Causas, gli interrogatori subiti da decine di donne durante gli anni dell’Inquisizione Siculo-
spagnola, ha riportato in luce tutti i soprusi e le violenze che queste donne dovettero subire da parte di uomini spietati e misogini che le reputarono,
ipocritamente, merce del demonio senza alcuna dignità di essere umano.

Mascherati da dotti e da teologi, compirono azioni efferate rivelandosi uomini che approfittarono della propria posizione di privilegio per prevaricare psicologicamente e sessualmente su queste donne.

E oggi in nome di tutte queste donne violentate nel corpo e nello spirito, vogliamo ricordare la triste vicenda di Donna Agueda Azzolino, divenuta suora di Gesù Maria con il nome di suor Gertrude.
Ella apparteneva a una nobile famiglia siracusana che si era trasferita a Palermo, dove lei era monaca nel convento delle carmelitane.
Il 22 giugno 1699 venne catturata di notte, come un malvivente, dagli agenti dell’Inquisizione con l’accusa di essere una Quietista. Una corrente religiosa che
professava il contatto diretto con Dio attraverso l’orazione e la contemplazione e che quindi escludeva le gerarchie ecclesiastiche.
Aveva 26 anni ed era molto bella, longilinea e, soprattutto, attraente anche se indossava abiti monacali.

Venne rinchiusa in una cella nel settore riservato alle donne e, lì dentro, suscitò gli impulsi sessuali del frate domenicano Don Pedro Cicio addetto alle carceri.
Attratto da lei, iniziò a molestarla attuando comportamenti libidinosi davanti a lei e arrivando persino a denudarsi completamente e a mostrarle i genitali.
Pur di costringerla a cedere alle sue voglie, il frate le bruciava la razione del pranzo o glielo serviva alterato.

Agueda era una giovane donna che si era fatta suora per sua volontà e che si era sin da subito dedicata a una vita di contemplazione e di preghiera per cui, intimidita
dalla sfrontatezza dell’uomo, non riusciva a difendersi e subiva passivamente ogni sopruso.
Il frate, però non riuscì a violentarla perché la sua compagna di cella, Rosa la Iannusa, imprigionata per blasfemia, intervenne e la protesse affrontando
fisicamente e verbalmente il frate. Rosa era una donna del popolo ed era avvezza all’ arroganza maschile e sapeva come difendersi. Infatti, senza perdersi d’animo,
denunciò il comportamento di don Pedro all’Inquisitore Domingo Esquela, il quale non potendo negare la situazione, dovette allontanarlo, ma punì ancora più
duramente la ragazza perché aveva ”con le sue fattezze diaboliche, indotto in tentazione il povero frate”
Così per continuare a perseguitarla, processarono e licenziarono l’alcayde delle carceri Alonso Cabello, parente di Agueda, con l’accusa di averla fatta passeggiare qualche volta nel corridoio delle carceri considerato che la sua cella era molto angusta e stretta.
Agueda non solo perse il suo sostegno ma venne anche accusata di aver fatto perdere al parente il prestigioso impiego.

La giovane suora, avvilita nel corpo e nell’animo, come molte altre prigioniere si ammalò di anoressia e deperì velocemente.
Dagli atti si evince che morì qualche mese dopo, forse in ospedale o forse nell’infermeria del suo convento, non si sa se per le conseguenze dell’anoressia o
per il sopraggiungere di una delle tante complicazioni polmonari che colpivano in inverno i reclusi nelle celle buie e fredde di palazzo Steri.
Ma quello che è innegabile è che questa giovane donna fu vittima della cattiveria misogina degli uomini di Chiesa.
Questa sua triste vicenda simboleggia tutte le violenze e tutte le angherie che dovettero subire migliaia di donne, non solo siciliane.

Ecco perchè ogni processo a una Strega si trasforma inevitabilmente nella parabola di vita dei soprusi, mascherati da carità cristiana, perpetrati con piacere sadico dagli uomini nei confronti di donne la cui unica colpa fu solo quella di aver voluto affermare se stesse e la propria dignità.
La brutalità dell’Inquisizione rappresenta, in un determinato momento storico, l’apice di una realtà in cui le donne vivevano da secoli, considerate inferiori, seguaci
del demonio e viste solo come oggetti di cui disporre a proprio piacimento.

Per questo è doveroso ricordare non solo Agueda, ma tutte le vittime per restituire ad ognuna di loro l’identità e la dignità brutalmente rubate.


Questa sezione è stata interamente curata dalla nostra esperta, la Dott.ssa Eliana Vivirito