La dea Basilissa

A Catania, l’antica Katana, nella notte calma e silenziosa, rischiarata dalla luce tenue di una pallida luna, donne in lunghe tuniche chiare, sfilano in processione tenendo in mano delle fiaccole. Camminano lentamente e, mentre mormorano invocazioni antiche, stringono ceste contenenti frutti e spighe di grano, doni sacri da offrire come simbolo di crescita e nuova vita.

Al loro passaggio gli uomini devono ritirarsi dietro le finestre, a loro non è consentito partecipare né comprendere...


Il Mistero svelato dalle donne

Con compostezza ieratica, varcano la soglia del santuario, illuminato dal chiarore tremolante di piccole lucerne disposte ai lati mentre le ultime sacerdotesse chiudono le porte agli occhi dei profani. All’interno, dopo aver invocato con preghiere rituali le Dee Demetra e Persefone, si abbandonano in un’intensa esperienza estatica di comunione con il divino in cui fondono se stesse con l’armonia dell’universo. Infine impastano acqua e farina e cucinano dei dolcetti, guarniti con il miele, dalla forma leggermente arrotondata come un delicato seno femminile. E li offrono durante il loro banchetto rituale, l’Agape, in cui consumano il pasto sacro.

Solo le donne dell’antica Katana, sposate, madri ma anche nubili così come riporta Cicerone, potevano celebrare questi riti, (la presenza di vergini caratterizza il culto etneo, poiché nelle Tesmoforie, feste delle due dee, erano presenti solo donne sposate) i cui misteri erano tramandati di generazione in generazione per via femminile. Il cerimoniale era riservato solamente a loro, sacerdotesse pronte attraverso lo svelamento della cesta e del grano, ad accedere ai gradi iniziatici più elevati, per avvicinarsi a conoscere l’illuminazione della conoscenza pura. Le antiche donne catanesi, abbandonavano famiglie e case rivendicando a se stesse libertà e rispettabilità. Partecipavano alla rivelazione misterica, consapevoli della necessità della morte iniziatica per poter rinascere nella luce della verità. 

E questa certezza le rendeva donne libere dall’ignoranza e dell’oscurità della vita.

Privilegio riservato solo alle donne catanesi e non agli uomini, a loro era proibito non solo partecipare ma anche solo tentare di sbirciare all’interno del santuario per cercare di intravedere le statua della dea.

Cicerone nella sua orazione contro Verre, ex governatore della Sicilia, ( in cui lo accusa di aver fatto rubare ai suoi schiavi di notte, la statua della dea Cerere) attesta proprio l’esistenza di un antichissimo tempio a Catania dedicato a questa dea 

“ Un sacrario in cui si trovava 

un’antichissima statua di Cerere, 

che gli uomini non conoscevano”.

Implicitamente avvalora la grande venerazione che esisteva per questa dea e la figlia Persefone che le donne catanesi denominavano “Basilissa”, Regina, e in suo onore organizzavano gare di bellezza così come avveniva a Cipselo, antica città greca dell’Arcadia, i cui abitanti riproponevano gli stessi rituali catanesi e lo stesso appellativo a Persefone, dimostrando gli stretti legami tra le due città.

Solo nell’antica Katana e a Cipselo c’era l’usanza di eleggere ogni anno una “Basilissa” in onore di Persefone.

Il culto delle dee greche Demetra e Kore (Cerere e Proserpina) fu particolarmente diffuso e molto sentito non solo a Catania ma in tutta l’antica Sicilia, tanto che erano sempre venerate insieme.

Diodoro scrive 

“Le Dee apparvero per la prima volta in quest’isola 

e la Sicilia per prima produsse il frutto del grano 

grazie alla fertilità della sua terra…”

Demetra era la dea dell’agricoltura, delle messi e della fertilità, colei che offriva nutrimento agli uomini mentre la figlia Persefone detta Kore, la fanciulla, era la sposa di Ade, il re dell’Oltretomba con il quale rimaneva per sei mesi, Autunno e Inverno, per poi ritornare, in primavera, dalla madre e quindi alla vita.

Persefone era metafora della ciclicità della vita poiché la morte non segnava la fine di tutto ma era una fase essenziale e imprescindibile di ogni rinascita.

Dagli studi archeologici effettuati, si presuppone che questo antico tempio di Cerere fosse ubicato nella parte alta dell’acropoli dell’antica Katana , dove in seguito sarebbe sorto il Monastero dei Benedettini. Infatti nel primo Seicento è stata ritrovata in piazza San Niccolò, una piccola statua in terracotta, oggi perduta, con una iscrizione dedicatoria a Persefone, denominata appunto “Basilis”.

Tutto questo ci conferma che in Sicilia è sempre stato praticato un culto antichissimo, risalente al primigenio culto della Dea Madre, in cui le donne catanesi e siciliane hanno svolto un ruolo predominante per la loro particolare sensibilità che le ha rese capaci, attraverso i loro rituali, di penetrare il mistero delle due Dee e di comprendere che esso racchiude in sé il Mistero sacro dell’esistenza stessa.  

Celebrando l’entrata dell’anima nell’oscurità e la successiva risalita verso la luce, hanno esorcizzato la paura della Morte e svelato il senso profondo della Nascita.




Questa sezione è stata interamente curata dalla nostra esperta, la Dott.ssa Eliana Vivirito