La "Festa dei Morti"


Tra le celebrazioni della tradizione siciliana una menzione a parte è sicuramente da dedicare alla “festa dei morti”.

La sua origine risale all’anno 835, quando Papa Gregorio II, visto il fallimento della Chiesa Cattolica nello sradicare i culti pagani legati alla tradizione celtica, spostò la festa di “Tutti i Santi” dal 13 maggio al primo novembre. La chiesa aggiunse poi, nel X secolo, la “Festa dei Morti” il 2 novembre, in memoria delle anime degli scomparsi… Infatti se è vero che esistono dei momenti dell’anno in cui la soglia tra il mondo dei vivi e l’aldilà si assottiglia, è comunemente accettato che ciò avvenga di sicuro tra la fine di ottobre ed i primi giorni di novembre.

Ma non c’è nulla di cui aver paura in Sicilia.

I “Morti” tornano sull’Isola per far visita ai propri cari, a nipoti che non hanno mai conosciuto, a parenti che li ricordano ormai solamente dalle foto sbiadite… E tornano come ospiti d’onore, accolti con una vera e propria “festa”.


Tradizione vuole che in Sicilia, per il pranzo del 2 novembre, venga apparecchiato il posto a tavola per chi ci ha lasciati, certi che quel giorno sarà seduto con noi. 

I morti ricambiano, ed affinchè i più piccoli non si spaventino, e li possano anzi ricordare con affetto, portano in dono giocattoli e dolci di ogni genere: "I crozzi 'i mottu" (ossa di morto) o i pupatelli ripieni di mandorle tostate; "i Taralli", le ciambelle rivestite di glassa di zucchero; i nucatoli e i "Tetù" (bianchi e marroni), velati di zucchero o cacao in polvere; "U Cannistru", un cesto colmo di frutta secca e cioccolati, insieme alla frutta di martorana ed ai "Pupi ri zuccaru" (statuette di paladini di zucchero dipinte): questo è il simbolo di questa festa, il feticcio che possiamo scegliere di avere in casa e assaggiare, al pari di un brindisi a qualcuno a noi caro. Abbiamo poi la tradizionale "muffoletta", una pagnottella calda appena sfornata condita con olio, sale, pepe e origano, filetti di acciuga sott'olio e formaggio primosale. Ed ancora, i "pipareddi", biscotti messinesi alle mandorle, anche chiamati Quaresimali e "Le rame di Napoli", biscotti al cioccolato di origine catanese. 


Ma non va sempre così.

Ad Acireale, durante il giorno della festa dei morti, si dice che i defunti vadano in giro per la città indossando il proprio lenzuolo funebre, e rubando i doni ai venditori per poi darli ai bambini.


A Catania si ritiene invece che le anime dei morti che non hanno trovato ancora pace sfilino in processione per la Via Etnea recitando il Santo Rosario, mentre a Partinico, vicino Palermo, che indossino un lenzuolo e, a piedi scalzi e con una torcia accesa in mano, percorrano le strade cittadine.

Viceversa presso alcuni paesi etnei si ritiene che in queste giornate i defunti vengano a visitare le proprie famiglie con discrezione… entrando dalle fessure delle abitazioni sotto forma di formiche.

Mentre in Sicilia occidentale si tramanda che i morti cantino durante le Messe celebrate dai preti che hanno incassato l’offerta senza celebrare la Messa in loro suffragio.

Ad Erice, i defunti raggiungono le proprie famiglie uscendo dalla Chiesa dei Cappuccini, mentre a Cianciana in provincia di Agrigento, escono dal Convento di S. Antonino dei Riformati.


Tra sacro e profano, la Sicilia è orgogliosa di aver conservato intatto il culto millenario delle celebrazioni per i defunti… ricordando a tutti noi che non c’è nulla di cui aver paura, e che saranno le stesse anime dei morti a congedarsi con educazione da questo mondo per tornare a trovarci l’anno prossimo, o quando invocheremo i loro saggi consigli che ci verranno puntualmente elargiti in sogno, dove, ancora una volta, il confine tra i nostri due mondi diventa più labile.