Non c’è pozzo nero senza Marabecca

Un cielo nero e profondo come un’immensa voragine, sovrastava con la sua inquietante gravità e, minaccioso, sembrava inghiottire nella sua vuota oscurità ogni alito di vita. L’aria immobile, avvolgeva, soffocandoli, i cespugli e gli arbusti che, inerti e privi di vitalità, si ergevano attorno al grande cortile. Mentre i grilli si erano ammutoliti, si erano stretti nelle loro piccole ali e avevano smesso di cullare le ore della notte con il loro canto notturno. Solo un impercettibile gorgoglio proveniente dalle profondità nere delle acque del grande pozzo di pietra che sorgeva al centro, risuonava opaco e si diffondeva come una vibrazione sommessa e perturbante che riempiva di sé ogni spazio imprigionandolo in un’aura funesta...

La leggenda della Strega di Marabecca

All’improvviso, la corsa di un bambino, aveva percosso l’aria con la stessa violenza di una ventata e, un’ombra, fosca e indefinita, aveva movimentato l’apparente calma delle acque intorpidendole. Il bambino, rosso in viso, si era fermato di scatto e, invece di rientrare e riprendere il gioco interrotto, aveva puntato i mattoni scuri del pozzo, che incupivano il centro del cortile come una chiazza livida. Dopo un attimo di esitazione era avanzato e, attratto da una forza sovrannaturale, si era sporto e aveva fissato con intensità il fondo buio come la pece. Aveva stretto i suoi piccoli occhi, aveva penetrato la profondità delle acque e gli era sembrato di scorgere un movimento lieve ma definito. Senza rendersene conto si era piegato in avanti, incuriosito e ammaliato da una sagoma di donna senza forme, sfocata come se fosse un tutt’uno con le acque in cui era immersa.

Confuso e senza più remore, il bambino aveva proteso le braccia, spinto solo dal bisogno irrefrenabile di congiungersi e di fondersi con quell’essere che attendeva impaziente e si contorceva in uno spasmo maligno di soddisfazione.

Un’antica leggenda diffusa in tutta l’Italia del Sud fino a qui in Sicilia, narra che una pericolosa creatura per la precisione una vecchia strega, viveva dentro ai pozzi e che se un bambino si sporgeva incautamente oltre il bordo, questa, infastidita perché disturbata dalla sua presenza, lo avrebbe afferrato e lo avrebbe trascinato giù in fondo e gli avrebbe impedito di risalire per sempre.

Una leggenda che sarebbe nata per impedire ai bambini, attratti dalla curiosità, di cadere dentro ai pozzi. Per questo le donne la raccontavano ai loro figli per spaventali e per impedire loro di sporgersi sui bordi.

Oggi potrebbe sembrare una raccomandazione inutile, ma decenni fa, nelle comunità contadine della nostra terra, quasi tutte le case possedevano al centro del cortile una cisterna per raccogliere l’acqua piovana in quanto costituivano l’unica possibilità per gli abitanti di per poter avere dell’acqua potabile. Esistevano anche, sparsi per le campagne, numerosi pozzi artesiani, lunghi chilometri verso il fondo, per cui rappresentavano un grande pericolo per tutti quei bambini che giocavano all’aria aperta come era d’abitudine.

Per questo la leggenda si propagò velocemente arricchendosi di particolari e di storie diverse a seconda della regione. 

E nella nostra terra questa vecchia strega venne chiamata Marabecca o, a volte, Marrabbecca con le consonanti raddoppiate come se al solo pronunciare il suo nome si avesse maggiore consapevolezza della sua potenza maligna.

Un nome particolare, sulla cui origine si sa poco o quasi nulla. I più propendono per una provenienza biblica. In un brano della Bibbia si racconta che Abramo avesse inviato il proprio servo a cercare una moglie per il figlio. Il servo appena arrivato alle porte della città di Harran stanco e assetato, fu accolto e aiutato da una giovane donna di nome Rebecca. Nome particolare che in ebraico Ribqah significa rete o corda quindi indicherebbe in senso figurato colei che avvince, che lega o che irretisce.

In effetti le donne raccontavano che questa strega, che aveva scelto come propria dimora il fondo dei pozzi, risucchiava nell’ oscurità infernale delle sue acque chiunque tentasse di vederla.

Questa leggenda della strega Marabecca sembra ricollegarsi all’ antico culto alla dea Diana ancora presente in Campania, precisamente nella città di Benevento, nel momento in cui la Chiesa Cattolica cercava di imporre i rituali cristiani sulla cultura pagana per attuare un vero e proprio sincretismo religioso. Però durante la fase di passaggio, alcune donne, rimaste fedeli al culto della dea Diana, di notte si riunivano intorno ai pozzi per celebrarla e per cercare di vedere la Luna, cara alla dea, riflessa sulla superficie dell’acqua.

Queste donne erano chiamate “Dianare” cioè sacerdotesse della dea della caccia Diana, e portavano come simbolo una mezza luna crescente.

L’opera di conversione della Chiesa, indusse a considerare questa antica pratica come un’eresia pagana e di conseguenza si cominciò a guardarle con sospetto e ad allontanarle. Nel gergo dialettale il nome fu alterato e si trasformò in Ianare con cui si iniziò a indicare le donne-streghe che adoravano una creatura demoniaca all’interno dei pozzi.

In questo modo, con la compiacenza del potere religioso, nacque la leggenda della strega dei pozzi e, in passato intere generazioni di bambini siciliani, sono cresciuti con il terrore di avvicinarsi ai pozzi: Marabecca li avrebbe trascinati nel suo abisso di oscurità

Ma anche gli adulti se ne sono tenuti alla larga, perché forse la consapevolezza della presenza perenne di una creatura oscura che ci risucchia verso il buio delle acque del fondo, inesorabilmente ci ricorda la nostra atavica paura dell’ignoto, di ciò che i nostri sensi materiali non riescono a percepire. Ci costringe a confrontarci con la parte indefinita della nostra esistenza, quella lontana dalla luce, dalla vitalità, che ci disperde in un vuoto interiore e che ci annulla come individui.   

Per questo, ancora oggi, capita di sentirla sussurrare agli anziani nelle notti di luna piena come per non farci mai dimenticare l’oscurità che alberga in ognuno di noi.


Questa sezione è stata interamente curata dalla
nostra esperta, la Dott.ssa Eliana Vivirito