L’imperscrutabilità arcana
del gatto


Nella notte misteriosa, i gatti si muovono con un passo lieve e impercettibile, si insinuano tra vicoli e si arrampicano sui tetti confondendosi con le ombre...

L'antico legame esoterico tra l’uomo e il gatto

Nel silenzio immobile si accovacciano fieri ed eleganti come antiche Sfingi, immerse nella sabbia del deserto, alzano la testa e puntano, con i loro occhi magnetici, la luce argentea della Luna, attratti da un invisibile legame. Ma la loro impenetrabile esistenza ad un tratto venne travolta da una Chiesa chiusa nel suo fanatismo, che attuò una brutale repressione nei loro confronti, soprattutto se neri

Nel 1233 Papa Gregorio IX con la bolla papale Vox in Rama dichiarò i gatti neri stirpe di Satana, esseri notturni quindi esseri demoniaci, inclini al peccato e ai malefici. Due secoli dopo Papa Innocenzo VIII scomunicò ufficialmente tutti i gatti.

Così si giunse all’assurda convinzione che se una donna possedeva un gatto o se era sorpresa a dar da mangiare a dei gatti randagi, era di sicuro una strega, in quanto le erano stati inviati dal diavolo per aiutarla nei suoi incantesimi. Esse li invocavano per i loro riti diabolici, per scatenare malefici e, quando mutavano sembianze per trasformarsi in animali, prediligevano proprio i gatti che, in un delirio fanatico, vennero catturati, torturati e arsi vivi, dentro delle ceste, nelle piazze pubbliche insieme alle loro padrone soprattutto nella notte di San Giovanni.

In realtà sin dai tempi più remoti è sempre esistito un legame esoterico tra l’uomo e il gatto. Animale enigmatico e affascinante, fu divinizzato presso gli antichi Egizi che lo identificavano con la dea Bastet, raffigurata come una donna con la testa di gatto. Protettrice della famiglia, della casa ma soprattutto della fertilità, della maternità e delle gioie terrene come la danza, la musica e la sessualità. Dea lunare in contrapposizione con il dio Ra, il Sole.

Nella sua mano sinistra veniva spesso raffigurato un amuleto sacro a forma di occhio di gatto Utchat che possedeva poteri magici. L’amuleto era riprodotto anche nelle decorazioni delle case per proteggere da furti e malattie, ma era presente anche nei templi e nei gioielli.

Nel Libro dei Morti si narra che il grande gatto Mosis ogni notte lottava al fianco di RA prendendo le sembianze di un leone, e combatteva contro il serpente Aphofis, simbolo delle forze maligne.

Il gatto era divinizzato, in quanto era l’espressione terrena di Bastet, per questo quando moriva veniva imbalsamato e posto in una necropoli apposita e se qualcuno osava ucciderlo veniva punito con la pena capitale.

Il suo grande potere energetico ha indotto le più antiche religioni pagane ad associarlo a dee dell’amore e della fertilità come la divinità nordica Freja che si spostava su di un carro trainato da due gatti neri e la dea indiana della nascita Shasti. Ed è stato particolarmente amato in epoca Romana, legato alla dea lunare Diana.

Animale sacro, racchiude in sé il lato istintivo della Natura, possiede una forza invisibile che lo collega all’armonia dell’universo ed è dotato di una sensitività particolare che gli permette di entrare in simbiosi e di percepire i sentimenti più profondi. Per queste sue caratteristiche esso incarna la sensibilità femminile.                                                                              Con la sua eleganza voluttuosa, con il suo passo felpato, simboleggia il lato istintuale e la sensualità insita nell’animo di ogni donna e si ricollega all’archetipo femminile, indipendente e inafferrabile nel suo desiderio di libertà e nella ricerca del proprio essere.

Essere notturno, mercuriale, le cui pupille sembrano ricordare le fasi lunari, sono circolari quando si aprono al massimo nella penombra per ridursi a due sottili fessure verticali in piena luce, fu associato alla Luna e considerato come emblema del principio femminile in contrapposizione con quello maschile. Intimamente connesso alla Grande Dea Madre e agli antichi culti femminili delle dee della luna come Ecate la triplice dea, la luna calante e quindi signora della notte.

Secondo un’antica leggenda quando Tifone, figlio di Gea e Tartaro, assaltò l’Olimpo, Ecate si trasformò in gatto per essere più veloce così fuggì in Egitto dove fu adorata come la dea gatto Bastet.

E queste donne-streghe, eredi di conoscenze ancestrali, instaurarono un legame intrinseco con questo felino, consapevoli che esso era espressione della loro femminilità più intima, ma soprattutto simbolo della loro fiera individualità.



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Ma sin dal medioevo questo rapporto fu visto con sospetto, in quanto si credeva che essi fossero gli occhi e le orecchie delle streghe e che tramite loro entravano in contatto con il mondo oscuro. Così i gatti neri divennero il “famiglio” di ogni strega, una sorta di estensione dei suoi poteri.

E ci si dimenticò che invece erano pura essenza femminile, espressione di indole libera, non soggetta a imposizioni, indipendente e intuitiva, e furono brutalmente perseguitati da una Chiesa bigotta, preoccupata di affermare una ferrea obbedienza ai propri dogmi, insieme alle streghe, a donne anch’esse libere, la cui indipendenza venne considerata come una minaccia per la rigida gerarchia maschile e come un pericolo per il potere costituito. La Chiesa decisa a estirpare qualunque forma di rituale pagano in cui la donna occupava un posto di rilievo, esprimendo le sue capacità e potenzialità, colpì proprio il culto della dea-gatta Iside per gli Egizi, Artemide per i Greci e Diana per i Romani, che era ancora molto diffuso e praticato dalle comunità rurali. E di conseguenza i gatti, che a differenza dei cani non erano manipolabili, furono identificati come esseri malefici.

Addirittura il teologo Alano di Lilla arrivò a supporre che il termine càtaro derivasse dal latino Catus, gatto. Nel Liber de Planctu Naturae scrisse così “ si dice che adorino il diavolo sotto le sembianze di un gatto a cui tributano l’Osculum infame durante le loro riunioni”. Questi uomini, legittimati dalla loro ipocrita moralità, per perseguire il loro obiettivo, sfruttarono le convinzioni superstiziose di un popolo ignorante che, sin dal medioevo, seppelliva vivi i gatti, soprattutto se neri, sotto le fondamenta delle Chiese poiché sacrificandoli avrebbero tenuti lontani spiriti maligni e streghe. Si credeva che i gatti neri facessero dei malefici ai cavalli legati alle carrozze quando di notte li incrociavano nelle strade non illuminate, questi, spaventati dalla luminosità dei loro occhi gialli che brillavano al buio, si imbizzarrivano. E che portassero sfortuna perché scendevano dalle navi insieme ai pirati turchi che attraccavano per saccheggiare le città. Inoltre la loro capacità di catturare i topi veniva spesso associata alla forza del diavolo nel prendere le anime degli esseri umani. E il nero del loro pelo era considerato il colore delle tenebre, e quindi delle forze infernali del mondo oscuro, mentre il suo sguardo magnetico di origine sovrannaturale.

Il gatto, nel momento in cui la Chiesa radicò la convinzione che fosse la reincarnazione di spiriti maligni, venne demonizzato e cominciarono a serpeggiare storie paurose che narravano che le streghe che praticavano la magia ad mortem, lo avevano accanto come un potente alleato durante i loro sortilegi. E che spesso essi stessi erano ingredienti fondamentali per preparare pozioni magiche nei loro riti demoniaci. Infatti per acquisire potere li uccidevano e ne bollivano le ossa che poi utilizzavano per i loro incantesimi. Per diventare invisibili bollivano alcune ossa insieme alla testa in un brodo con erbe magiche e poi lo bevevano. Invece, se mangiavano gli occhi di un gatto nero potevano vedere le creature invisibili del mondo oscuro. E la mandibola per la sua particolare forma triangolare veniva considerata un potentissimo talismano...


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La forza energetica del gatto

La misteriosa anima dei gatti crea campi energetici in connessione con le forze dell’Universo e conduce verso mondi arcani. Per la loro capacità di vedere nell’oscurità, le antiche comunità, li adorarono come guardiani dell’aldilà, creature in costante comunicazione con il mondo degli spiriti, quindi un tramite tra la realtà umana e spirituale, tra mondo materiale e il divino.

I monaci Zen pensavano che fossero capaci di mostrare la Via. E gli sciamani, consapevoli della loro energia, riconobbero i loro poteri terapeutici. In effetti, studi recenti hanno dimostrato che le fusa, un ronzio simile a un mantra, emesse dai 25 ai 150 hrz, fanno parte di quelle frequenze sonore che interagiscono positivamente con l’organismo umano, e creano una situazione di rilassamento sia sul corpo che sulla nostra psiche.

La loro potenza energetica fu riconosciuta anche dagli alchimisti che, durante le loro ricerche avevano spesso un gatto accanto. Infatti in molti quadri alchemici spesso è raffigurato un gatto accanto al focolare, il cosiddetto “Gatto del focolare” ritenuto magico in quanto assorbendo l’energia del fuoco diviene molto potente. E proprio per questo loro potere intrinseco, spesso i gatti hanno affiancato la vita di donne che, per la loro particolare sensibilità, ne hanno compreso il mistero.

Ma a volte, le streghe, spinte da un istinto malvagio, hanno utilizzato l’energia prodotta dai gatti per compiere azioni negative e per creare malefici a danno di altri. Il gatto si trasforma in un’espansione dei poteri malefici!

Come il caso di una magaria compiuta tramite il corpo di un gatto nero come risulta dagli interrogatori di un processo particolare del 14 dicembre del 1638 ritrovato presso gli archivi diocesani di Monreale dalla storica Claudia Geremia contro una delle streghe più potenti del luogo Diana La Viscusa che dovette annullare un maleficio fatto contro una donna di nome Francesca Barrali di Cassaro.

Dagli atti risulta che il marito Ioannis fu sottoposto a degli interrogatori presso il tribunale ecclesiastico della contea di Monreale, e dopo qualche momento di incertezza e di paura nel ricordare gli eventi inspiegabili a cui aveva assistito, raccontò che la moglie, il giorno della festa di Santa Rosolia, il 15 luglio, aveva cominciato ad accusare degli strani dolori allo stomaco, alla testa e al cuore e che dopo aveva avuto delle crisi di pianto alternate a delle risate senza motivo come se fosse in una specie di delirio e avesse perso la ragione. Dopo vari giorni in quello stato, alcuni vicini gli avevano consigliato, secondo una pratica comune in questi casi, di bastonarla fino a quando non sarebbe ritornata normale. Ma lui si era rifiutato, non volendo fare del male alla moglie, così si era rivolto ad una donna misteriosa di cui aveva sentito parlare, una Megera che era conosciuta per le sue guarigioni. Poiché si trovava a Monreale, aveva preso la moglie e insieme erano andati a trovarla. La strega dopo aver ascoltato Francesca, le aveva toccato lo stomaco poi aveva preso una bacinella d’acqua dove aveva gettato un uovo e aveva iniziato a sbatterlo per praticare l’antica arte della divinazione e riuscire così a comprendere quale tipo di male l’avesse colpita. Così aveva sentenziato che Francesca era stata colpita da una Magarìa.

Per toglierla la Megera aveva chiesto a Ioannis di comprare del vino e degli olii che poi lei aveva mescolato con acqua e delle erbe in un grande calderone, per cuocerli sul fuoco. Ottenuto così un intruglio guaritore ne aveva fatto respirare i suffumigi a Francesca in modo da rimuovere la Magaria e liberare il suo corpo dal maleficio che le era stato fatto. Però nonostante questo, le condizioni della donna non erano migliorate. Allora la Megera aveva affermato che il maleficio era stato fatto con un oggetto che si trovava nella loro abitazione. Per poterla liberare aveva bisogno di andare a verificare di persona. Così tutti e tre erano ritornati nel quartiere del Cassaro a Palermo. La Megera, appena giunta aveva sparso dell’acqua benedetta davanti la casa e subito aveva scavato una buca all’altezza dell’uscio e aveva trovato una carogna di gatto con dentro della cera, argento e urina di colore scuro.

Il gatto era l’oggetto utilizzato per creare il sortilegio maligno per fare del male a Francesca.

La Megera per togliere il maleficio, aveva bruciato la testa della carogna cospargendola di palme benedette e rami d’ulivo. La carogna aveva lanciato urla terrificanti che avevano attirato anche i vicini di casa. La megera per proteggerli insieme ai coniugi, aveva consegnato a tutti una cima d’aruta che avrebbero dovuto tenere in mano per proteggersi dai demoni. Dopo aveva invocato i santi Pietro, Paolo e San Giacomo di Galizia.

Francesca aveva iniziato a gridare dicendo di sentirsi strappare il cuore e le budella, e poi aveva vomitato “Certi cosi nigri, come se fossero zillari certe cose nere come se fossero spilli. In realtà erano grumi di capelli di donna infilzati con spilli.  A questo punto Diana, la megera, aveva chiesto l’aiuto dei presenti pregandoli di ripetere “Signore misericordia” dopo ogni suo scongiuro, in modo tale da rafforzare il suo potere con la loro partecipazione. La megera Diana dopo questa testimonianza fu arrestata per stregoneria e condotta al carcere dell’ospedale di Santa Chiara di Monreale. Nonostante questo evento in cui, nell’operato malefico di una strega, il gatto viene manipolato per ottenere un affetto avverso, nella maggior parte delle volte questi felini sono stati compagni fedeli delle pratiche rituali di donne affascinate dalla loro particolare sensibilità sensoriale che va oltre quella dei cinque sensi. Perché i gatti, capaci di percepire energie che sfuggono alla nostra percezione, hanno esotericamente la capacità di catalizzare su di loro tutte le energie negative dell’ambiente circostante, purificandolo con il loro potente campo energetico.

Soprattutto se neri, perché il nero non è il colore delle tenebre, ma una porta che ci permette di scendere non nelle profondità degli Inferi, ma nel nostro Io più recondito per riscoprire le nostre facoltà nascoste. Il nero non è il colore della morte fisica ma, esotericamente, segna un passaggio che conduce alla rinascita dell’individuo.

Quindi la vera magia di questo essere arcano e impenetrabile, anello di congiunzione tra il visibile e l’invisibile, consiste nella sua straordinaria capacità di condurci tra i meandri più intensi che tessono la trama delle nostre vite.


Questa sezione è stata interamente curata dalla nostra esperta, la Dott.ssa Eliana Vivirito