L'Energia della Luna


Nell’oscurità della notte, la Luna, con il suo potere energetico incanta le streghe affascinandole nel suo alone magnetico. Con le sue fasi lunari crescenti e calanti, simboleggia il ciclo eterno della vita che non segue un tempo lineare ma ciclico in un processo perpetuo di morte, rigenerazione e rinascita. Simbolo di fecondità e fertilità sin da tempi immemori essa è stata associata alla sfera femminile e al suo stesso ciclo mestruale, in quanto la donna è un microcosmo che riflette in se i ritmi che regolano l’universo.


Luna di Sicilia


Con la sua luce argentea, la Luna è la regina del cielo, Dea Madre, che nutre, protegge e le streghe, indissolubilmente legate a lei, risentono nel corpo e nello spirito del susseguirsi dei cicli lunari che scandiscono ogni momento della loro esistenza. Connesse con lei, quando la Luna è crescente, accolgono in sé tutta la sua energia per compiere azioni o decisioni. Energia interiore che nella fase della Luna Piena, viene proiettata verso l’esterno, viene donata. Ma quando, dopo aver raggiunto il suo culmine con il Plenilunio, la Luna comincia a decrescere, questa energia comincia a perdere forza e poi, nella fase della Luna calante, si espande verso il basso come in natura le piante ramificano in terra e ci si libera di ogni negatività. Infine durante il Novilunio detto anche Luna Nera, il momento in cui essa si trova totalmente in ombra, per le streghe arriva il momento del raccoglimento interiore, un invito a scendere nelle profondità del proprio io, per purificarsi e rigenerarsi e dare inizio così a un nuovo processo di trasformazione e cambiamento della propria vita.

Archetipo molto forte, influenza le specie viventi della Terra e agisce sulle maree.

Da sempre ha catturato l’attenzione dei popoli antichi che, affascinati dalla sua energia intrinseca, l’hanno invocata per le semine o i raccolti.

I pescatori siciliani confidavano nelle notti di luna piena per ottenere pesche abbondanti perché la sua luce attirava i pesci in superficie o i contadini delle nostre campagne conservavano il mosto nelle botti durante il Novilunio affinché si trasformasse in un buon vino e seminavano solo quando la luna era calante.

In simbiosi con divinità lunari come la dea egizia Iside, le dee greche Selene e Artemide o la dea romana Diana, per questo suo arcano simbolismo di luce e ombra, per questa sua essenza di potere e vitalità, essa evoca il mistero che governa l’esistenza ed è sempre stata invocata durante le pratiche magiche o nelle operazioni alchemiche.

La cultura popolare siciliana ne fu, fin da subito, fortemente influenzata e le nostre donne guaritrici, affinché gli scongiuri o le orazioni avessero buon fine, sapevano che bisognava recitarli in determinati momenti delle fasi lunari. Così se la Luna era crescente, era il momento propizio per fare rituali di inizio, invece se era calante, si dovevano eseguire rituali di allontanamento e di purificazione.

Se però era nella fase del Novilunio, che veniva denominata anche Luna Nera, poiché non era visibile dalla Terra, si credeva che moriva per rinascere dopo tre giorni. Dunque essa apparteneva agli inferi e sotto i suoi auspici potevano essere praticati malefici e ogni tipo di rituali negativi.

Le contadine siciliane recitavano, in forma di protezione, una antica preghiera rituale le cui prima strofa ripeteva così:

Di li quattru venti Diu ni sarbau

Dalla luna nira e du malocchiu.

E c’erano anche donne che per eliminare le fatture e il malocchio, così come riporta Giuseppe Pitrè, a mezzanotte precisa parlavano con la Luna per sapere se la”Malia” era una fattura o una malattia mandata da Dio. In caso di risposta positiva, le chiedevano se era venuta dalla montagna o dal mare e chi l’aveva fatta. Poi cercavano in casa l’oggetto ammaliato, trovatolo lo bruciavano e gettavano le ceneri sotto il tetto dell’autrice. Subito dopo si chiudevano porte e finestre della casa, si accendevano due candele della Candelora cioè del 2 Febbraio e si spargevano di acqua e sale il pavimento e le pareti. Infine colei che aveva tolto la fattura, la famiglia della casa e le comari si denudavano le mammelle, si strecciavano i capelli, si inginocchiavano, battevano tre volte i ginocchi e recitavano uno scongiuro.

La Luna quindi per secoli, come una madre amorevole, ha accompagnato l’esistenza di guaritrici e medichesse che hanno sempre agito in un’unica simbiosi con la sua energia vivificatrice.

Ma, in un contesto di repressione feroce quale fu l’Inquisizione, per essere accusate di stregoneria bastava anche una innocua invocazione alla Luna come quella che fece la sedicenne schiava bianca dell’arciprete di Chiusa Sclafani, Matia la Verde. La giovane, in una notte di agosto, pregò la Luna di far ritornare sano e salvo il suo innamorato lontano, recitando un’antica filastrocca che diceva:

Luna vejia, luna nueva

Que tienes en la caveca

Quattro cabretos

O tu me los da

O tu me los presta.

Le sue parole furono udite dai vicini di casa che il giorno dopo lo raccontarono a tutti così le fu chiesto il perché di quelle frasi ma la ragazza non fu un grado di spiegarne il significato, disse solo che l’aveva imparata dalla madre la quale a sua volta l’aveva sentita recitare alla propria e che l’avevano sempre ripetuta per far ritornare a casa parenti e amici. Ma il giorno dopo, un gruppetto di compaesani, forti della loro falsa devozione, ma in realtà solamente perché avevano dei contrasti di lavoro con il suo padrone, la denunciarono e nessuno in paese le rivolse più la parola. Nonostante la strenua difesa dell’arciprete che fece di tutto per dimostrare che era in realtà una brava cristiana, una notte, la catturarono con violenza e, con i vestiti laceri e sporchi  del suo sangue la portarono nel carcere di Palermo. Rimase nella cella per giorni con solo pane e acqua, dormendo per terra perché non aveva i soldi per potersi pagare un pagliericcio e fu processata per stregoneria, eresia e commercio col diavolo in quanto la Luna che lei aveva invocato era la dea pagana Diana e i capretti erano i capri delle cerimonie in onore a Bacco. La accusarono, affermando che era al comando della sua Signora e che cavalcava di notte su un asino per andare a uccidere i bambini e poi succhiarne il sangue e che faceva fatture per far ammalare gli uomini, gli animali e il raccolto. Poiché si professava innocente la sottoposero alla tortura della corda alla quale non resistette e confessò ciò che volevano. Morì dopo un anno di processo poiché smise di mangiare e di bere, e il suo corpo straziato fu sepolto in un vicolo vicino al cortile dello Steri.


Questa sezione è stata interamente curata dalla nostra esperta, la Dott.ssa Eliana Vivirito