Le erbe delle streghe


Secondo la tradizione popolare le streghe per preparare le loro pozioni magiche usavano dei grandi pentoloni all’interno dei quali non facevano bollire solamente le erbe ma le mescolavano con oggetti che ritenevano avessero delle proprietà magiche insieme a fluidi e parti umane.

Sono tante le illustrazioni nei libri del passato che ritraggono vecchie donne intente a mescolare in grandi Calderoni fumanti...


Il Calderone delle Streghe


Perché per le streghe il Calderone da secoli è stato lo strumento essenziale per preparare i loro sortilegi e incantesimi. 

Una grande pentola di rame simbolo delle loro arti magiche, una sorta di grembo della Grande Dea madre all’interno del quale compiere la sintesi degli elementi che compongono l’universo, per operare la loro trasformazione secondo i principi dell’antica Alchimia. Perché le streghe oltre ad essere abili conoscitrici del mondo della natura furono anche delle esperte alchimiste.

Il Calderone aveva un profondo significato magico e misterico in quanto poggiando sopra il Fuoco si connette alla Terra e al mondo dei morti, l’inferno con le fiamme di Satana, rappresentazione del potere brutale e malvagio che la strega doveva dominare per fare propria la sua energia.

All’interno del Calderone veniva messa sempre una sostanza liquida, acqua, vino, estratti di frutta o latte per rappresentare il secondo Elemento: Acqua, il cui potere era quello di assorbire le proprietà degli oggetti e delle erbe che vi si immergevano. Simbolicamente rappresenta il mare.

Quando il liquido cominciava a bollire, significava che le energie contenute in esso si erano risvegliate e avevano iniziato a espandersi fino a divenire vapore: spirito impalpabile e incorporeo come l’Aria che portava con sé la potenza originaria delle fiamme ma non la sua forza distruttiva. La potenza di questo vapore era così forte che si elevava verso l’alto, oltre il mondo mortale per raggiungere il cielo, dove è presente il sovrannaturale, il divino, il potere supremo.

In questo modo le streghe potevano compiere i loro sortilegi, creare delle particolari misture cuocendo i diversi ingredienti, filtrandoli o distillandoli.

Ma anche il rituale da seguire era importante, così quando si voleva creare una pozione che si opponesse alla fattura lanciata da un’altra strega, si mettevano a bollire delle erbe officinali nel vino bianco e poi si aggiungevano nove chiavi. La vittima, ogni giorno, avrebbe dovuto togliere una chiave e lavarsi con il vino, dopo nove giorni, finito il vino e le chiavi, la pentola avrebbe dovuto essere gettata via.

Ma nel Calderone si realizzavano anche filtri d’amore mescolando fluidi sessuali e peli puberali a erbe particolari come la Verbena, un’erba dedicata alla Grande Dea tanto da essere chiamata dai Romani “lacrime di Giunone” e dagli Egizi “Erba di Iside.

Ridotta in polvere veniva mescolata con origano e menta, un miscuglio in cui venivano inseriti polvere di rospo seccato, coda di ratto, carne di lucertola e un capello di un impiccato.

Questo particolare filtro afrodisiaco veniva aggiunto al cibo o diluito nelle bevande.

La Verbena, erba femminile, secondo la tradizione, era un’erba così essenziale che le streghe, prima di recarsi al Sabba, indossavano giarrettiere confezionate con i suoi steli.

Poiché il profano nella nostra terra, si è sempre mescolato con il sacro, la Verbena è un’erba che è stata particolarmente utilizzata in pratiche magiche legate a Santa Lucia, protettrice della citta di Siracusa, poiché secondo delle leggende popolari la giovane avendo dei problemi agli occhi, ricevette l’insegnamento divino di un rimedio a base di verbena e di finocchio.

Ma c’erano anche streghe che, nei loro calderoni, evocavano forze sovrannaturali malvage, cuocevano ossa di morto insieme a parti umane prese da persone uccise o impiccate, in modo da ottenere o accrescere i propri poteri magici.

E, consapevoli della forza malefica ottenuta, preparavano pozioni velenose con un’erba molto potente: Conium maculatum.

La Cicuta era un’erba molto presente nelle pozioni delle streghe che ne conoscevano le sue proprietà e sapevano bene che il suo veleno provocava la paralisi dei muscoli e quindi la morte. In effetti oggi sappiamo che nella pianta è presente un alcaloide detto “coniina” sostanza oleosa che determina la paralisi respiratoria.

La Cicuta è il veleno usato dalle Streghe del Macbeth di Shakespeare, che nell’atto IV vengono descritte nel momento in cui stanno preparando una pozione magica proprio con questa erba mortale.

Essa nel corso del tempo è diventata il simbolo della Malvagità perché dietro l’aspetto innocuo e grazioso, ha foglie grandi e piccoli fiori bianchi (dall’odore nauseante simile a urina di topo) nasconde la sua natura venefica e mortale. Infatti era chiamata anche “prezzemolo del diavolo”.

Ed è un’erba divenuta famosa poiché il filosofo greco Socrate, condannato a morte, si diede la morte bevendola.

Ma se si voleva fare un incantesimo malefico si usava un’altra pianta fortemente velenosa: il giusquiamo.

Essa veniva macerata insieme a alloro e giglio nel latte di pecora, all’interno di una pelle di agnello e in questo modo si provocava la perdita del latte di tutte le pecore del luogo.

Invece se la si mescolava solo ad alloro e la si sotterrava nel letame in una notte d’estate con la luna calante, nascevano dei lombrichi da poi le streghe usavano nei sortilegi che provocavano delle forti febbri.

Il Calderone, simbolo magico delle streghe, rappresentava la sintesi dei quattro elementi verso l’unità dello Spirito e quindi il potere supremo per poterli dominare.

Un viaggio verso l’alto, di perfezione se utilizzato per fini positivi, ma anche di discesa verso il basso, gli Inferi, se queste potenti energie venivano utilizzate per scopi materiali e malvagi atti a condizionare il mondo naturale e umano in modo negativo.



Questa sezione è stata interamente curata dalla nostra esperta, la Dott.ssa Eliana Vivirito