La magia delle Donne-Streghe Siciliane
                                   

In armonia con le fasi della Luna, le streghe danzano immerse nei boschi, ascoltano i sussurri della Natura ed entrano in contatto con la Dea Madre assorbendo flussi di energia perché la vera stregoneria è la magia della Terra...

Magie siciliane

E le donne streghe siciliane, lungo lo scorrere dei secoli, recitano filastrocche e parole rituali che affondano le loro origini negli antichi culti pagani trasmessi da popoli lontani, che penetrano nella cultura locale alimentando il fiume sotterraneo delle credenze popolari, mescolandosi e fondendosi in un’unica tradizione, in cui emerge a forza una stretta connessione con la dimensione esoterica dell’esistenza, esigenza imprescindibile per sentirsi partecipi dei principi della vita.

Esse, fortemente legate alla nostra terra, un’isola in posizione centrale nel Mar Mediterraneo, accolgono in sé, nei secoli, religioni, credenze e conoscenze provenienti da culture europee, mediorientali e nord-africane, le fanno proprie e le sublimano in un sapere ancestrale da tramandare oralmente di generazione in generazione.

Figlie della Dea Madre, origine della vita, furono profonde conoscitrici dei principi naturali e delle combinazioni alchemiche tra di essi, e praticarono arti magico- terapeutiche come levatrici ma soprattutto come guaritrici. Padrone di se stesse, conoscevano le proprietà delle piante officinali con le quali preparavano misture e unguenti, perfettamente consapevoli che per curare il corpo bisognava agire a livello spirituale, perché la malattia era uno squilibrio causato da forze ostili e spiriti maligni, evocati per fare il malocchio e le fatture.

Guaritrici e custodi dei segreti del corpo umano, per la loro particolare sensibilità, furono più inclini degli uomini a tessere legami con il sovrannaturale e a comprenderne le forze nascoste e più profonde.

Esse furono prevalentemente delle medichesse che praticavano la magia bianca, per il benessere dell’uomo e per allontanare ogni forma di malignità. Una magia ad amorem che serviva per prevedere un raccolto, propiziare una gravidanza, proteggere un neonato ma preparavano anche filtri e pozioni magiche per far ritornare l’innamorato o far innamorare.

Depositarie di conoscenze e pratiche antiche che risalivano a lontani culti, esse le eternarono nell’ animo del popolo esplicitandoli in formule rituali.

Come un’antichissima orazione-scongiuro:

 Lu Verbu di Nostru Signuri.

Riportata alla luce recentemente dalla scrittrice Marinella Fiume in un incontro con una guaritrice centenaria della zona ionico-etnea, che, ripetuta per secoli dalle guaritrici veniva ritenuta da tutti una potente preghiera contro ogni calamità come terremoti, eruzioni vulcaniche o mal tempo. Così quando i contadini venivano sorpresi da una tempesta nei campi, prima di trovare un riparo si fermavano a recitarla.

Cristu è lu Verbu di nustru Signuri!

Lu Verbu sacciu. Lu Verbu vogghiu diri

Di Verbu si ncarnau nostru Signuri

Nun vidi na bedda cruci?

Nun vidi quantu è gghiauta e quantu è longa

Ca stenni mbrazzu nterra e mbrazzu ncielu?

Chistu è lu Verbu di nostru Signuri!

 

Donne sapienti che, recitavano a voce bassa le loro formule, consce che solo attraverso la ripetizione di preghiere a Dio o ai Santi, mescolate a orazioni profane, riuscivano a stabilire un contatto con la dimensione occulta. In questo modo creavano oggetti magici o amuleti, per proteggere dagli spiriti maligni.

E, come i primi sciamani dei villaggi, con la forza evocativa di queste preghiere e formule-scongiuro, esse praticarono la più antica forma di guarigione ristabilendo l’armonia e il perduto equilibrio.

Attente conoscitrici delle leggi profonde che regolano l’Universo e che si riflettono nell’uomo, perpetuarono riti arcaici le cui origini si perdono tra le pieghe del tempo come quello della “Signatura”.

Durante questo rituale recitavano formule e preghiere in dialetto, tenute gelosamente segrete, accompagnandole con il segno della Croce ripetuto più volte. Questo rituale serviva per ritrovare le cose perdute, per calmare le tempeste ma soprattutto, consapevoli della stretta relazione tra corpo e spirito, per scacciare il malocchio che veniva ritenuto responsabile di vari disturbi, come il mal di testa, capogiri e vari malesseri.

Un’altra antica pratica che era quella dello “Scantu”.

Si faceva per liberare la persona spaventata per tre sere consecutive o una volta sola se praticata di venerdì. Si credeva che la persona spaventata spalancando la bocca per la paura avesse ingoiato insieme all’aria anche qualche anima vagante.

Il rituale consisteva nel poggiare una mano sul petto del paziente all’altezza della bocca dello stomaco “A vucca di l’Arma” che veniva considerata la soglia tra l’anima e il corpo. Poi la guaritrice cadeva in una sorta di trance e recitava una formula incantatoria “U ciarmu: carmen o “U scunciuru, scongiuro” anch’essa segreta, ma essenziale nel rituale in quanto, con la potenza della ripetizione delle parole, conferiva efficacia alla pratica di guarigione.  


Questa sezione è stata interamente curata dalla nostra esperta, la Dott.ssa Eliana Vivirito