La Caccia alle Streghe

Le danze gioiose delle streghe che volteggiavano leggiadre al suono dell’unica armonia dell’Universo, come farfalle travolte da una furia improvvisa, caddero a terra e furono divorate dalle fiamme della cieca ottusità di rispettabili uomini di Chiesa. Intrappolati nel loro fanatismo religioso, le catturano, le torturarono fino a consegnarle alla morte.

I processi e l'Inquisizione in Sicilia

Instaurato un clima di ferrea repressione, attraverso un rigido controllo delle abitudini consuetudinarie del popolo, paura

e credenze superstiziose serpeggiarono tra gli animi e atti, fino a quel momento leciti nella vita quotidiana, cominciarono ad essere guardati con sospetto, in quanto possibili rivelatori di atteggiamenti di eresia. 

Un semplice gesto come fare la croce sul pane per favorire la lievitazione, preparare un medicinale naturale attraverso le erbe o produrre un sapone allo zolfo per curare la scabbia, diventò pericoloso in quanto segno evidente di contatti con il diavolo.

La stessa espressione molto diffusa in Sicilia, “Santu Diavuluni” non fu più vista come un’imprecazione ma come un’invocazione al demonio.

Gli inquisitori scaricarono tutta la loro ferocia misogina su queste donne innocenti, la cui unica colpa fu quella di possedere conoscenze mistiche superiori alle loro, ma soprattutto colpevoli di avere pensieri propri.                                    Questi uomini dotti, depositari della verità assoluta, si arrogarono la presunzione di stabilire quali fossero le caratteristiche fisiche, che corrispondevano a chiari segnali diabolici. 

I capelli rossi, un neo nell’iride dell’occhio, o avere più capezzoli, che si ipotizzava servivano ad allattare i demoni, si trasformarono in segni distintivi di unione con il maligno. 

Così le donne-streghe vennero arrestate, portate nelle carceri di Palazzo Steri a Palermo e sottoposte alla Territio ad torquendum una forma di interrogatorio in cui l’imputato veniva disteso sul cavalletto, legato alla corda o gli veniva messa una scarpa di ferro che poi sarebbe stata arroventata.

La violenza di questa repressione, in Sicilia portò a istruire ben 6500 processi, i cui atti sono stati recuperati presso gli archivi di Madrid, dove venivano spediti e conservati, dalla storica Maria Sofia Messana.

In due secoli e mezzo furono 1500 le donne imprigionate a Palazzo Steri di Palermo.

Secondo gli ultimi studi storici, la Sicilia fu la regione italiana con più donne condannate e di queste circa un terzo fu mandata al rogo con l’accusa di essere una strega al servizio del demonio.

E, durante gli interrogatori, questi uomini, con assurda ossessione, cercarono di individuare sui loro corpi il presunto Marchio del Diavolo, lo Stigma Diaboli: se la donna non provava dolore in alcune parti del corpo questa era una prova che aveva avuto rapporti col diavolo. Per questo vennero denudate, ispezionate con meticolosità e poi trafitte in ogni parte con degli spilloni. Oppure, seguendo irrazionali teorie al limite con la follia, venivano immerse per quindici minuti nell’acqua di fiume o lago con la mano destra legata al piede sinistro, convinti che se galleggiavano era opera del demonio.

E tutte queste orrende nefandezze, messe in atto da uomini trincerati dietro il comodo paravento della loro fede, trovarono giustificazione in un testo scritto da due domenicani tedeschi Sprenger e Kramer, “Il Malleus Maleficarum”: il Martello delle Streghe. All’interno del quale, la dignità della donna viene svilita e mortificata, attraverso le affermazioni dei due religiosi secondo i quali le donne, a causa della loro debolezza, del loro intelletto inferiore e della loro natura maligna erano più inclini all’occulto e alla stregoneria.  Un testo di efferata slealtà in cui la donna non aveva alcuna via di scampo, in qualunque circostanza sarebbe sempre stata una strega che aveva stretto un patto col diavolo rinnegando il battesimo.

E così i due domenicani scrivevano che se la strega piangeva poteva non essere vero pentimento ma opera del diavolo, invece se non piangeva era perchè le streghe non sapevano piangere.  E ancora se la sospetta strega chiedeva di sottoporsi alla prova del ferro rovente o dell’acqua bollente, era perché contava sull’aiuto del diavolo se non lo faceva e aveva paura era perché era una strega.

Essi non mostrarono alcuna pietà nemmeno di fronte ai numerosi suicidi che avvenivano dopo le torture e le giustificarono affermando che era opera del diavolo. Infine se queste poverette morivano durante la tortura o la detenzione, i due, forti della superiorità delle loro convinzioni, sostenevano che se era colpevole aveva meritato la giusta pena se invece erano innocenti di certo sarebbero andate direttamente in paradiso.

Vittime di questo sistema perverso, queste donne, furono seviziate brutalmente, esiliate e uccise in nome di una religione crudele e ottusa che volle mortificare a ogni costo la loro saggezza antica e la loro indipendenza mentale, e li mistificò facendoli apparire come un sortilegio del demonio senza accorgersi o forse non volendo accorgersi che in realtà erano sempre state donne e streghe al tempo stesso nel senso che operarono sempre in piena liberà e in perfetta comunione con i principi naturali sui quali si fonda l’esistenza stessa.

Si narra che quando, nel 1782 fu abolito il Tribunale del Santo Uffizio, il consultore Simonetti si recò nelle carceri dello Steri, a Palermo, chiuse per ordine del viceré Domenico Caracciolo, trovò solamente tre donne, tre vecchine meste e spaesate, di cui addirittura una restia ad uscire in quanto, dopo tanti anni trascorsi chiusa in quelle segrete, non aveva più niente al mondo.

Tre donne che non avevano nulla dei famigerati e temibili poteri delle terribili streghe.

Questa sezione è stata interamente curata dalla nostra esperta, la Dott.ssa Eliana Vivirito