La danza segreta delle streghe


In Sicilia, terra illuminata dal calore forte del sole che vivifica ogni creatura, penetrando come lame di vita negli animi, infuocandoli di passioni violente e laceranti, per secoli albergò un mondo sotterraneo, fatto di donne vestite di nero, diviso tra pratiche benefiche e rituali malefici. La nostra tradizione popolare le ha accolte a volte come salvatrici, altre volte le ha mitizzate per la loro potenza innata ma soprattutto le ha temute per le loro azioni. Ma, in realtà chi erano queste streghe? Donne di Fora, Dragunara o Maiara?


Il Pentacolo


Aria, Acqua, Terra e Fuoco, uniti in una perfetta corrispondenza, si sublimano nello Spirito, in modo da divenire un tutto Uno, e riassumere in sé la grande armonia che regna nell’Universo. Un equilibrio cosmico perpetuo che si condensa e si vivifica nel Pentacolo, una Stella a cinque punte inscritta in un Cerchio. Simbolo magico, il cui senso più intrinseco si perde nei meandri più oscuri dei tempi, che affonda le sue radici nelle lontane tradizioni occulte ed esoteriche che hanno accompagnato l’uomo sin dalla sua comparsa. Apprezzato e compreso in questo suo valore profondo, rivelazione della potenza spirituale delle energie che fluiscono senza sosta, sin dalle più remote civiltà è divenuto espressione di positività ed è stato utilizzato come un talismano in grado di allontanare le forze del male.

Per questa sua potenza arcana il Pentacolo assurge a un suo ruolo particolarmente distintivo nella storia di donne singolari, di rara intelligenza e sensibilità, che sin dagli albori dell’umanità operarono in simbiotica sintonia con gli Elementi della Natura: le Streghe. Ognuno di questi Elementi è disposto, secondo la loro manifestazione alchemica, su ognuna delle punte della Stella. La punta superiore sinistra, simboleggia l’Aria, la superiore destra, l’Acqua, invece quella inferiore sinistra la Terra e infine l’inferiore destra il Fuoco. Mentre la punta rivolta in alto, è l’espressione dello Spirito. Ma per manifestare tutta la loro forza, la loro armonica unione, la Stella viene circondata da un Cerchio nel quale queste donne, vedono rappresentato il Dio padre e la Dea madre, principio maschile e principio femminile che si fondono in una sorta di abbraccio divino, e che estrinsecano in un cerchio che non ha né un punto di inizio né una fine, la realtà che scorre intorno, un fluire ininterrotto, sempre in divenire, senza fermarsi mai. Nel corso del tempo lo hanno portato al collo come segno di riconoscimento, come simbolo apportatore di saggezza interiore, distintivo della forza superiore del loro animo ma soprattutto della loro capacità di saper padroneggiare le forze della Natura per affermare il proprio predominio su di esse. Consce del suo valore positivo, e della sua capacità di proteggere dagli influssi negativi, nei loro rituali lo posizionavano sull’altare e, evocando la sua forza tracciandolo nell’aria con l’incenso, le energie dei cinque elementi si concentravano al suo interno permettendo di impregnare gli oggetti che vi erano poggiati sopra con le loro vibrazioni, infondendo in essi lo spirito nascosto del Cosmo.


"L'arrivo" delle Streghe nella cultura popolare


Ma il Pentacolo, retaggio di antichi culti pagani, con l’arrivo del Cristianesimo si trasformò in un segno del Diavolo e le donne che fino a quel momento lo avevano consacrato a simbolo di protezione e positività, furono accusate di operare con le forze del Male. Fu così che da guaritrici e da levatrici, per secoli si erano dedicate alla cura dei malati e alle partorienti, si trasformarono in esseri maledetti, che con i loro intrugli misteriosi, con i loro rituali incomprensibili, rivelavano agli occhi di profani ottusi e superstiziosi di essere in contatto solo con spiriti malefici, e quindi dovevano essere estirpati dalla società con vigore e con ogni mezzo.

Esse vennero denominate Strigae, streghe, riferendosi al greco Strix con il quale si indicava un rapace notturno, lo strige o barbagianni, che emetteva stridori inquietanti nella notte e che secondo le credenze popolari succhiava il sangue. Travolte dalla furia devastatrice dell’ignoranza, furono accomunate a creature deformi e ripugnanti che succhiavano il sangue ai bambini. Come le strigae di Ovidio che, rifacendosi alle Lamia di cui parla Orazio nell’Ars poetica,(figure femminili in parte umane e in parte animali, rapitrici di bambini e che si nutrivano della loro carne e del loro sangue), le aveva descritte nei versi dei Fasti come mostruosi uccelli, metamorfosi di vecchie maliarde, con un gran capo e artigli uncinati. Volavano di notte, emettendo versi terrificanti e se trovavano un bambino incustodito, succhiavano con il becco le viscere nutrite di latte e si riempivano il ventre del loro sangue. E per molto tempo ci si dimenticò che in realtà la maggior parte di loro erano state solo donne sapienti, in grado di ascoltare il ritmo silenzioso della Natura per poi incanalarlo nella quotidianità della vita umana e soprattutto capaci di stabilire un contatto con lo spirito dell’Universo senza doversi sottomettere ad alcun Dio, ma solo ai principi divini maschile e femminile. Principi che permisero loro di entrare in connessione con l’archè pitagorico, il principio armonico della vita.

E in Sicilia, terra illuminata dal calore forte del sole che vivifica ogni creatura, penetrando come lame di vita negli animi, infuocandoli di passioni violente e laceranti, per secoli albergò un mondo sotterraneo, fatto di donne vestite di nero, diviso tra pratiche benefiche e rituali malefici. La nostra tradizione popolare le ha accolte a volte come salvatrici, altre volte le ha mitizzate per la loro potenza innata ma soprattutto le ha temute per le loro azioni. Ma, in realtà chi erano queste streghe? Donne di Fora, Dragunara o Maiara?




Streghe di Sicilia


Nella nostra terra assolata, in cui mare e monti sembrano contendersi la sua bellezza selvaggia e cultura e superstizione si fondono l’una nell’altra, le storie di donne determinate si mescolano ad antichi pregiudizi e si trasformano in credenze che si tramandano di generazione in generazione. Così nell’immaginario collettivo le donne-Streghe siciliane furono distinte, secondo l’aspetto e la loro natura e il popolo, fedele alla propria tradizione di attribuire un appellativo che fosse una manifestazione evidente delle caratteristiche intrinseche, le indicò con nomi differenti.


Donne di Fora, Maiara e Animulara


Le donne di Fora un pò streghe un po' fate, figure sovrannaturali contradditorie come la nostra terra, erano in grado di essere generose o spietate, governate solo dai loro capricci uterini. Erano soprannominate Donni di locu, patruni di casa e belli signure. Esse uscivano di notte solo con lo spirito e non con il corpo e andavano a trovare gli spiriti degli inferi, le anime vaganti per averne risposte e consigli. Vivevano in casa come bravi e fedeli mogli, e soprattutto casalinghe perfette così come le descrive lo storico Giuseppe Pitrè che scrive che nelle case dove andavano volevano trovare tutto in ordine, e ben pulito con letti rifatti e il rame delle cucine splendido. Esse confidavano solo al marito la loro vera natura, e, prima di addormentarsi gli ricordavano di non essere toccate o svegliate per non compromettere l’uscita notturna. Secondo le credenze popolari, se si desiderava avere una Bella signora in casa, prima della mezzanotte si doveva ardere dell’incenso con foglie di alloro e rosmarino in quanto il suo profumo era particolarmente gradito e avrebbe favorito il loro passaggio. Inoltre veniva recitata un’antica formula propiziatoria:

“Ti salutu re di lu Suli. Ti salutu re di la Luna. Ti salutu stidda ‘ndiana. Beni aspettu ‘ntra sìmana”.

Esse entravano attraverso le fessure o i buchi delle serrature in quanto erano solo spiriti. E se per caso venivano sorprese dalla luce del giorno, si trasformavano in rospi fino alla notte successiva, per questo queste bestiole non venivano maltrattate o uccise dal popolo in quanto avrebbero potuto essere una di loro.

La loro presenza costante nelle case siciliane, sembra ricondurle alle figure dei Penati o dei Lari di origine Romana, divinità protettrici delle abitazioni. Non a caso a Modica esse venivano invitate con una formula invocatoria attorno al neonato per festeggiarne la nascita e per prenderlo sotto la loro protezione. E per questo erano immaginate come delle donne belle, ed eleganti, ma chi riusciva a vederle svestite scopriva che avevano piedi di animali e anche una coda.

Esse seguivano rituali di magia bianca e nera e si credeva che costituissero una società di 33 potenti creature, sotto la dipendenza di una mamma maggiore, nota pure come Savia Sibilla, che si trovava a Messina. Tre volte la settimana, le notti di martedì, giovedì e sabato, si riunivano a Ventotene per deliberare sulle fatture da rompere, i castighi o i premi da elargire a chi era meritevole del loro amore o odio.

Popolarono nel tempo numerosi racconti e, negli anni queste creature immaginarie, acquisirono la stessa consistenza di esseri reali e operanti nella vita quotidiana, e si iniziò a credere che, sparsi per la Sicilia, ci fossero dei luoghi concreti in cui queste donne si incontravano. Basti ricordare la piazzetta che si trova a Palermo, nella zona dell’antico mercato di Ballarò: Il Cortile delle Sette Fate. Lì sorge una torre che, fino ad oggi viene considerata come il posto in cui si riunivano queste donne de Fora, che ballavano fino all’alba con uomini che poi riportavano nelle loro case.

Invece le Maiara, o megere erano conosciute anche come fattucchiere ed erano considerate streghe esperte nel liberare dal male, dalle fatture e dal malocchio fatti da nemici o avversari, ma anche per invocare malefici nei confronti dei rivali.

Esse erano delle guaritrici sia del corpo che dell’anima schiacciata da malefici maligni, e si servivano per i loro incantesimi, di oggetti di uso giornaliero come l’olio, l’acqua, il sale, o erbe comuni. Ma affinché avessero un effetto recitavano delle formule magiche, delle filastrocche ripetute più volte in modo che le parole acquistassero forza e potenza da trasmettere agli elementi utilizzati.

Infine le Animulari erano viste come streghe malefiche che avevano donato la loro anima al Diavolo e che si riunivano per progettare il male da infliggere agli uomini. Uscivano nell’oscurità della notte con un “animulu” un arcolaio, uno strumento di legno che anticamente veniva usato per dipanare le matasse; una diceria popolare che sembra ricollegare le nostre credenze all’antico mito greco delle tre Parche che tessevano il filo della vita degli uomini.

Erano dette anche Dragunara cioè Timpesta di ventira o Donna du vientu, in quanto come il vento si insinuavano nelle serrature delle porte di casa.

Per una sorta di assimilazione tra anima e corpo, il popolo siciliano concretizzò la loro cattiveria interiore in un aspetto temibile e inquietante, come donne nude dai lunghi capelli sciolti. A Caltanissetta infatti si credeva che, durante un uragano, esse si sollevano da terra con la testa china sul petto e che iniziano a girare fino a creare intorno a se un denso vapore scuro. Per neutralizzarle bisognava tagliarle con la mano sinistra, recitando scongiuri in modo da farle precipitare a piccoli pezzetti. Invece ad Agrigento si credeva che bisognava tagliarle con una falce, recitando sempre degli scongiuri, e che solo in questo modo sarebbero cadute in pezzi invisibili accompagnati da calze di seta, scarpe vecchie, arcolai e altri arnesi di stregoneria.

La presenza occulta e misteriosa di queste donne-streghe ha affascinato per secoli la fantasia popolare che ha sancito in modo evidente la stretta connessione che esiste da sempre nella nostra terra tra l’enigmatico animo femminile e l’arcano, l’insondabile. Ma tutte queste donne furono veramente delle streghe in combutta col Diavolo?





Questa sezione è stata interamente curata dalla nostra esperta, la Dott.ssa Eliana Vivirito