Il terremoto del 1693 e
la Strega che lo predisse

Una luce vitrea si espandeva nell’aria ferma come se la natura avesse smesso di respirare e si depositava sulle facciate grigie dei palazzi. Patina opaca li inondava nella loro interezza come per custodirli in una dimensione sospesa, senza tempo. Un silenzio innaturale fluttuava tra le vie strette del centro storico, le percorreva veloce e inghiottiva come una bestia famelica, ogni rumore vitale...

La leggenda di Don Arcaloro Scammacca

Don Arcaloro, seduto su una poltrona imbottita di velluto rosso porpora, leggeva distrattamente i documenti riposti sullo scrittoio di legno di noce intarsiato secondo le mode del tempo. Quella mattina stranamente, sentiva una strana sensazione di disagio che, come una morsa, gli stringeva il petto impedendogli di muoversi.

“Don Arcaloru, don Arcaloru!”

Una voce roca e profonda lo fece sussultare. Con un gesto nervoso, lasciò cadere il foglio che aveva tra le mani e si voltò di scatto verso il grande finestrone. Fissò con curiosità i vetri trasparenti e puntò il sole che stentava a sbucare attraverso le spesse nuvole.

La voce che lo aveva distolto poco prima divenne più insistente e Don Arcaloro, come spinto da una forza sovrannaturale, si alzò di scatto e si diresse senza esitazione verso la finestra. La aprì e abbassò lo sguardo.

I suoi servi stavano bloccando l’ingresso a una donna anziana che non smetteva di dimenarsi e di urlare. Un lungo scialle nero le avvolgeva le spalle incurvate dagli anni e i lunghi capelli, striati di un grigio sbiadito e arido, si annodavano in un grosso torciglione dietro la nuca come radici contorte.

Don Arcaloro sussultò di nuovo: un triste presagio di morte lo stritolò facendogli mancare il respiro.

Conosceva quella vecchia, l’aveva incrociata per caso, a tarda sera, nelle case dei suoi amici. Contornata da ospiti avidi di assistere ai suoi poteri di magara, dominava le notti con le sue predizioni e sortilegi.

Preoccupato, intimò ai suoi servi di lasciarla andare e di farla entrare. E non appena la vide oltrepassare la soglia del suo studio, la sua faccia raggrinzita e ruvida, come una maschera infernale, gli diede la certezza che stava per dirgli qualcosa di terribile.

“Don Arcolaru,

Dumani a vintin’ura

Catania abballa senza sonu

(“Don Arcolaro,

domani alle 14

Catania ballerà senza musica”)


A quelle parole Don Arcaloro sbiancò di colpo. 

La leggenda narra che la mattina del 10 gennaio 1693 si presentò al palazzo del barone catanese Don Arcaloro Scammacca Perna, un personaggio storico realmente esistito, una nota e temibile fattucchiera locale, che era solita frequentare le case di altri nobili catanesi tra cui anche i suoi amici di palazzo Biscari. Essi la invitavano a tarda sera e beneficiavano dei suoi sortilegi.

Il barone infastidito dalle voci concitate dei suoi servitori, si avvicinò alla finestra per guardare e capire che cosa stesse succedendo. Attratto dalla voce rauca della strega che gli gridava di affacciarsi subito perché gli doveva dire una cosa di vitale importanza ordinò ai servi di lasciarla salire.

La vecchia strega, appena entrata nella sua stanza, subito gli confidò che quella notte gli era apparsa in sogno Sant’ Agata la quale pur avendo supplicato il Signore di salvare Catania dall’imminente terremoto, questi, a causa dei peccati commessi dai catanesi, si era rifiutato di concederle la grazia.

La strega per avvalorare le sue affermazioni pronunciò una profezia tremenda.

Il barone si rese subito conto a che cosa aveva fatto riferimento, nel dialetto catanese il termine ballare viene utilizzato per indicare il tipico ondeggiamento provocato da un forte terremoto.

Spaventato, la ricompensò con una grossa somma di denaro e, con tutta la sua famiglia scappò in tutta fretta e si rifugiò in una sua casa nel Borgo che era in aperta campagna in quanto la zona, a quel tempo, non era compresa nei confini della città ed era stata popolata di recente dai coloni misterbianchesi sfuggiti all’eruzione del 1699.

La leggenda narra che, non appena giunto in questo suo rifugio, si sia lasciato cadere su una poltrona e che abbia atteso l’ora fatale stringendo un orologio a catena nella mano destra e fissando con terrore le lancette dell’orologio.

( Un antico quadro del Settecento, dipinto da Salvatore Lo Presti, ricorda proprio la drammaticità di questi momenti, riproducendo il barone catanese con l’orologio in mano in attesa dell’ora funesta).

E fu così che all’ora indicata dalla strega, un violentissimo terremoto scosse con feroce violenza la terra di Sicilia provocando catastrofiche conseguenze.

Secondo un’altra leggenda, connessa a questa, la profezia della strega si avverò perché l’anno prima era morto il vescovo Francesco Carafa, il quale aveva retto la diocesi dal 1687 e aveva, con le sue intense preghiere, scongiurato per ben due volte il terremoto nella sua amata città.

Questa credenza popolare è stata scolpita nella pietra in una iscrizione sulla lapide del suo sepolcro che si trova nel Duomo di Catania. Essa ricorda in eterno la dedizione di questo santo vescovo per la sua amata città.

“ Fosse vissuto ancora, così non sarebbe caduta Catania”.

La leggenda della strega riporta a 328 anni fa, quando un catastrofico terremoto, “Terremotu ranni” così come fu definito dai cittadini superstiti, di magnitudo 7.0 distrusse Catania ( l’epicentro coincise con il porto di Catania) e gran parte della Sicilia orientale, in due riprese, il 9 e 11 gennaio.

Secondo uno studio condotto dall’Università di Bologna fu l’evento di più elevata magnitudo della storia sismica italiana.

Non sappiamo quanto ci sia di vero in questa leggenda della strega, ma come ben sappiamo spesso realtà e fantasia si fondono in un’unica vicenda. E se si va in giro per le antiche stradine, le vecchine, piccole e curve, con i loro fazzoletti neri annodati sulla testa, raccontano che, in quel tempo lontano, c’era una donna a Catania dotata di poteri speciali e che tutti ne avevano una gran considerazione.



Questa sezione è stata interamente curata dalla
nostra esperta, la Dott.ssa Eliana Vivirito