Il Sabba delle Streghe

L’animo delle streghe vibra con il respiro profondo della Natura, il luogo sacro di condivisione in cui il tempo si dilata e si fonde in un unico flusso cosmico. E qui echeggia la voce della Grande Dea, sussurra attraverso il vento, e il fruscio delle foglie degli alberi si mescola al gorgoglio dell’acqua limpida di un ruscello in una armonia arcana.  E in questo spazio inviolabile le streghe danzano, muovendosi in una danza di unione e compenetrazione con i flussi energetici di una vita intrisa di divino...

Streghe di Sicilia

... E le donne–streghe siciliane, si riunivano in luoghi incontaminati, e entravano in comunione con la dea Diana, protettrice della caccia, delle selve, dei torrenti e delle donne caste, (non nel senso di vergini ma di donne indipendenti che non soggiacciono a mariti-padroni). Diana, la Signora del Gioco, così come la definirono durante i processi dell’Inquisizione, dal latino Ludus: luogo dove si impara o anche passatempo dilettevole, poiché in queste riunioni si ballava e si cantava.

Eredi di lontane credenze popolari precristiane che affondavano le loro origini in culti misterici di antiche divinità pagane, le streghe svolgevano riti arcaici da tempi immemori nelle campagne, per garantire la prosperità delle comunità agricole, per assicurare la continuità della vita e per allontanare la paura della morte.

Ed esse danzavano, compiendo movimenti istintivi e atavici, che erano piena espressione della loro essenza femminile più profonda, gioivano per ritrovare se stesse, lasciandosi andare alle proprie emozioni, finalmente libere di esprimere una spiritualità intimamente connessa alla loro fisicità. E ballavano e si muovevano in cerchio riproducendo antiche danze tribali di magia imitativa e le cerimonie orgiastiche, retaggio di danze per la fecondità, servivano per propiziare la fertilità della terra e l’abbondanza del raccolto.

Spesso relegate a un ruolo marginale da una società maschilista, vessate dalle imposizioni del tempo, esse crearono un luogo consacrato, dedicato solo a loro stesse e immerso in una religiosità naturale e spontanea.

Queste donne che da madre in figlia, lungo i secoli avevano penetrato i segreti degli elementi, fino a giungere alla soglia del mistero dell’universo, rappresentarono spesso un punto di riferimento all’interno di società in cui, a causa di pestilenze, fame e carestie, era imperante un profondo sentimento di incertezza. Esse offrirono un appiglio, di fronte a una religione lontana e inspiegabile, non solo per guarire il corpo dalle malattie ma come certezza per allontanare dalle loro vite la presenza del maligno.


Il Sabba

Ma il fanatismo bieco di inquisitori ottusi, considerò queste antiche pratiche precristiane come opera del Diavolo e gli dei pagani come esseri infernali e così, trasformarono questi rituali di incontro in convegni diabolici, a cui le streghe si recavano nei loro voli notturni. Queste donne furono così accusate di aver venduto l’anima al demonio e che la notte compivano pratiche magiche, orge diaboliche e riti blasfemi.

I cosiddetti Sabba, termine che sembra riferirsi al termine ebraico Shabbat, gli ebrei infatti furono i primi ad essere accusati di praticare arti magiche e stregonesche come risulta dalla bolla papale del 1205 di papa Innocenzo III. O forse molto probabilmente deriva dal verbo “S’esbrattre” che significa sollazzarsi definizione che si adatterebbe perfettamente alla gioiosità che caratterizzava questi convegni. O forse deriva da Sabazio, nome del dio Bacco, Dionisio per i greci, in onore del quale si celebravano i Baccanali.

Gli inquisitori, convinti che l’unica via di salvezza fosse il pentimento e che i mali che affliggevano la vita del tempo fossero opera del diavolo che operava attraverso i sortilegi di queste donne, le catturarono e le torturano per indurle a confessare i loro presunti misfatti.

In questo modo, attraverso le confessioni estorte, i Sabba divennero convegni malefici da estirpare. Ipotetici incontri tra streghe e Satana in persona, rituali notturni che si svolgevano nei luoghi più oscuri come cimiteri, vette di montagne e boschi, che duravano fino all’alba al canto del gallo.

Incontri presieduti dal diavolo stesso che si presentava come un uomo nero con barba e con delle corna enormi, a volte anche cinque, retaggio di credenze arcaiche secondo cui più corna aveva la divinità più era potente. Aveva anche le gambe caprine, come molte divinità precristiane come il dio Pan dell’antica Grecia. Per il cristianesimo il caprone divenne emblema di antidivinità, entità demoniaca.

Le streghe lo adoravano e lo pregavano rinunciando alla fede cristiana, infatti ognuna praticava l’Osculum infame, il bacio sull’ano del demonio. Si eseguiva anche una sorta di parodia del rito divino e dell’eucarestia, e dopo un sermone tenuto dal diavolo, iniziava un sontuoso banchetto con molto cibo e vini pregiati, ma anche pietanze marce miste a carne di bambini. Dopo il banchetto si svolgeva il ballo in cui ogni demone conduceva una strega sotto un albero e danzavano in un turbinio di emozioni per concludersi con un’orgia collettiva tra il diavolo e le streghe in cui era concessa ogni cosa come la sodomia e l’incesto.

Durante gli interrogatori molte donne confessarono di essersi recate in volo a questi convegni. Secondo queste deposizioni, qualche giorno prima del Sabba esse venivano invitate a partecipare da un demone e quando giungeva il momento, si ungevano con un unguento particolare datole dal diavolo stesso, ricavato dal grasso bollito di bambini uccisi non battezzati. Esse lo spalmavano dietro l’orecchio, sul collo sul torace e soprattutto sui capezzoli e sui seni pronunciando parole blasfeme. Lo spalmavano in profondità per rendere la pelle morbida e pronta e ricevere le carezze erotiche. Poi attraverso il camino raggiungevano un demone, in forma di capro o ariete alato, salivano sulla sua groppa e volavano. Successivamente cambiarono versione affermando che non erano accompagnate ma che volavano a cavallo della propria scopa. Simbolicamente, mentre l’unguento sembrerebbe aver rappresentato gli umori sessuali, la scopa con il suo bastone l’oggetto del desiderio, il membro maschile.

Le danze sfrenate dei sabba delle streghe, scandalizzarono la morale ecclesiastica e si impressero nelle coscienze popolari come riti terribili da condannare, poiché la Santa Inquisizione demonizzò queste antiche pratiche rituali e tutti coloro che vi presero parte.

Ma nonostante queste confessioni siano state distorte dal dolore della tortura, che indusse molte donne a confessare ciò che volevano sentire gli aguzzini, e siano poi state falsate dalla grettezza culturale e morale di uomini di chiesa, testimoniano con prepotenza quanto l’elemento spirituale fosse inalienabile e vitale nell’esistenza di queste donne. Ed esse, lontane dalla crudeltà ottusa e superstiziosa, continuarono a danzare leggiadre al ritmo armonico dei suoni dell’Universo.





Questa sezione è stata interamente curata dalla nostra esperta, la Dott.ssa Eliana Vivirito